House of Gucci:  moda, amore e potere

Ridley Scott torna al cinema; con la voglia di sperimentare e non rimanendo mai uguale a sé stesso, sceglie di raccontare il caso di cronaca nera che nel marzo del 1995 ha sconvolto l’opinione pubblica e il mondo della moda: l’omicidio di Maurizio Gucci (Adam Driver), ordinato da sua moglie, Patrizia Reggiani (Lady Gaga). Il regista ci narra la storia dei due coniugi dagli albori, ambientata in una Milano dei primi anni ’70.

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Ad una festa, Patrizia incontra Maurizio Gucci, studente di giurisprudenza ed erede di una quota del 50% della casa di moda Gucci. La donna insegue aggressivamente il goffo Maurizio, affascinandolo nell’amore. Da subito Patrizia emerge come una figura femminile determinata ed ambiziosa, capace di farsi spazio nel business della famiglia Gucci e di far ottenere al marito il controllo dell’azienda, di cui fanno parte lo zio Aldo (Al Pacino) e il cugino Paolo (Jared Leto).

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Tra pellicce, completi e borsette figlie dell’iconico logo GG, le tensioni coniugali e familiari non mancano, tanto che Maurizio sceglie Patrizia al posto del suo legame con i Gucci, lasciando la famiglia. È  proprio da questo momento che il film con un carattere più deciso delinea la psicologia dei personaggi: Patrizia appare sempre più affamata di successo, Maurizio inizia a soffrire l’ingombrante moglie, che, infatti, non mancherà di tradire. Da subito il film si rivela interessante sia dal punto di vista della fotografia che della colonna sonora: un’incredibile pastiche pop-classico che spazia da Faith di George Micheal ad Ashes to Ashes di David Bowie, gli Eurythmics, Bruno Lauzi,  Blondie, Pavarotti&Chapman, La gazza ladra, la Traviata, il Barbiere, il Coro a bocca chiusa di Puccini.

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Tuttavia, nonostante si tratti di un film apprezzabile, anche grazie alle capacità degli attori, per alcuni aspetti   pecca di una mancanza di verosimiglianza  e di  una tendenza a velocizzare il susseguirsi degli avvenimenti. Esempio di una mancanza di adesione alla realtà, ne è la stessa scena dell’assassinio di Maurizio Gucci: sappiamo che l’uomo viene ucciso nel marzo del 1995, in via Palestro, a Milano; mentre nel film l’omicidio avviene a Roma, vicino alla bellissima Fontana delle Rane, del quartiere Coppedè. Non bisogna dimenticare, però, che questa tendenza del regista a distorcere e romanzare, non è necessariamente una nota negativa, visto che il cinema è soprattutto invenzione. House of Gucci  può essere vista come un’intrigante pellicola, legata al filone dinasty, in cui si può riconoscere la voglia del regista di rappresentare la società altoborghese italiana e la sua cultura, a partire dal decennio degli anni ’70, che ha visto evolvere di pari passo la concezione della moda e della musica.

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È chiaro che Ridley Scott calchi particolarmente la mano sul carattere italiano della storia Gucci: l’accento italiano (se si guarda la versione originale in inglese) di tutti i personaggi, la gestualità esasperata, gli scorci sontuosi di magioni sul lago, fattorie nella campagna toscana, residenze sulle montagne svizzere innevate, pezzi di città rimescolati, feste luccicanti stile Milano da bere. Tutto quanto fa Italia, compresa una buona dose di kitsh, che però non riguarda solo gli italiani, né la famiglia Gucci con annessi e connessi, alleati, soci, nemici, ma tutto il mondo imprenditoriale della moda, in generale tutto quanto fa «ricchezza, stile, potere».

House of Gucci - Wikipedia

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